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2 lito. La qual cosa conciò sia cosa che cosi io la stimassi, più arditamente l'ho fatta che colui, di chi io parlo. Imperocché Catone, come stoico, suole dire, aggiunti gli adornamenti della orazione, solamente della grandezza dell’animo, della continenza, della morte, d’ogni loda di virtù, degl’lddii immortali e della carità della patria. Ma io giocante in comuni argomenti ho allocato a te quelle medesime cose (4), le quali con difficoltà gli stoici appruovano nelle iscuole e nel loro ozio. Le quali perché ammirabili e fuori della opinione degli uomini da quello ancora paradosse sono chiamate, io ho voluto tentare, s’elle potessino essere date a luce et essere dette in modo ch’elle fussino approvate, o vero che più tosto altro fusse il parlare erudito et altro il populare: e per questo io più volentieri questi luoghi ho scrìtto, perchè questi che si chiamano paradosse, a me paiono essere secondo Socrate e verissime assai. Ricevi adunque la brieve et in queste piccole notti vegghiata operetta. Imperocché quel dono delle grandi vegghie apparì nel nome tuo, e gusterai il modo delle mie esercitazioni; le quali usare io soglio: conciò sia cosa che io trasferisco a questo mio modo del dire oratorio quelle cose, le quali nelle scuole chiamano positive (5). Ma da te io addimando che questa opera tu non publichi. Imperocché ella non è tale che quasi la Minerva di Fidia ella possa (6) essere allocata nel tempio: ma nientedimeno come se essa apparisse uscita della medesima bottega (7).