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le prime relazioni con p. giordani 71

Idilli del Gessner «idolo allora d’Europa»,1 secondo l’espressione del Carducci, lo allettarono a comporre qualche cosa in quel genere. Così nacque, credo, nella primavera del 1816, l’idillio Le rimembranze, nel quale manca affatto la serenità e semplicità dell’idillio greco, e spunta invece il sentimentalismo degli idilli gessneriani.

Anche nella poesia bucolica antica ci sono gl’idilli funebri; e quello di Mosco nella morte di Bione pare al Leopardi uno dei più belli; ma non ha niente di comune col suo né con quelli del Gessner. Bione era un bifolco che con la dolcezza del canto amoroso allevava e dilettava tutta la natura animata ed inanimata; e il compianto del poeta sulla morte di lui non è che una glorificazione dell’amoroso cantore. L’idillio del Leopardi invece descrive il dolore di una famigliuola di contadini, che piange la morte immatura del figlioletto maggiore. Ciò che vi ha d’idillico sono soltanto le circostanze esteriori della vita dei personaggi; ma i personaggi stessi, il loro affannarsi e il loro pianto non hanno niente della schietta e rude indole campagnola.

La triste idea di dover presto morire non abbandonava il poeta; ed egli, dopo l’idillio, compose, in undici giorni del novembre e dicembre di quell’anno 1816, la cantica L’appressamento della morte.

Il Monti, discendendo pur dal Varano, aveva con lo splendore dei versi e la magnificenza delle immagini e dello stile messa in onore la terzina dantesca e ringiovanito la poesia delle Visioni. La cantica del nostro è una Visione: era quindi naturale che anch’egli eleggesse come metro la terzina; pur avendo gli occhi, più che al Monti e al Varano, a Dante e al Petrarca, che allora studiava con passione.

  1. G. Carducci, Degli spiriti e delle forme nella poesia di G. Leopardi; Bologna, Zanichelli, 1898, pag. 46.