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in quei due anni. Un lavoro del quale, appena scrittolo, era contento, passati due o tre mesi non gli piaceva più, tanto era rapido il progresso ch’ei faceva nell’arte. I mesi, dice con ragione Pietro Pellegrini, per lai erano anni.1

I lavori giovanili di questo tempo furono quelli coi quali il Leopardi cominciò a farsi conoscere fuori del cerchio ristretto dei parenti e degli amici della famiglia. Li stampò nel periodico Lo Spettatore italiano e straniero, che pubblicavasi a Milano dal libraio A. F. Stella.



Milano era la città che teneva in Italia il primato del movimento letterario: vi dimoravano il Monti, il Mai, il Giordani; e lo Stella vi esercitava con moltariputazione il commercio di libraio e di editore. Monaldo entrò in relazione con esso nei primi del 1816, probabilmente per dargli qualche commissione di libri, e proporgli qualche cambio. La sua biblioteca, composta in gran parte, come sappiamo, di libri dei soppressi conventi, abbondava di opere antiche e scarseggiava delle moderne. La mancanza era gravemente sentita dai figliuoli, in specie da Giacomo; e il padre, desideroso di non porre inciampi ai meravigliosi studi di lui, cercava di provvedere al difetto meglio che potesse. Libri di storia, di viaggi, di letteratura, venivano regolarmente da Milano alla biblioteca Leopardi, e insieme con essi i due periodici lo Spettatore e la Biblioteca italiana e qualche rivista inglese per Carlo.

La relazione stretta fra il libraio milanese ed il conte marchigiano non si limitò all’acquisto e al cam-

  1. Vedi Giacomo Leopardi, Studi filologici, raccolti e ordinati da Pietro Pellegrini e Pietro Giordani; Firenze, Le Monnier, 1845, pag. 467.