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50 | capitolo iii. |
dite.1 Ciò che in esso colpisce per prima, e forse unica cosa, è l’erudizione. Per mettere insieme quel materiale immenso di notizie e di osservazioni svariatissime, il giovinetto dovè compulsare centinaia e centinaia di libri di ogni età, di lingue e materie diverse. Gli autori citati nell’elenco in fine dell’opera sono non meno di dugentotrenta, e i loro scritti un numero molto maggiore.
Sarebbe strana e irragionevole pretesa cercare nel lavoro del Leopardi un concetto scientifico che sia il filo conduttore di esso. Egli non aveva fatto studi speciali di scienze, non conosceva affatto la scienza di cui s’era messo a scrivere la storia. Ciò che lo aveva forse innamorato dell’ argomento era la misteriosa poesia di esso, di cui la religione gli spiegava le meraviglie. Guidato dal pensiero religioso egli, nella sua insaziabile sete di sapere, chiedeva a quelle montagne di libri, che raccoglievano agli occhi suoi, se non tutto lo scibile, una gran parte di esso, le notizie che gli dovevano svelare il mistero della creazione. Contemplando il cielo stellato, egli forse fin d’allora domandava a so stesso:
A che tanto facello?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
Infinito seren?
e si acquetava alla poetica risposta, che tutto esisto per attestare la gloria del Creatore.
Como al termino dei suoi studi di retorica aveva, quasi a coronamento di essi, tradotto lo odi e la poetica di Orazio o composta una tragedia, cosi è naturale che, terminati i suoi studi scientifici, e datone pubblico saggio, componosse, oltre a parecchio dissor-
- ↑ Opere inedite di Giacomo Leopardi, pubblicato sugli autografi recanatesi da Giuseppe Cugnoni, volumi due; Halle, Niemeyer, 1878 - 1880.