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la fanciullezza e l'adolescenza 31

un romanzo. Questo faceva la mattina a letto per mio spasso. Una volta n’inventò una che durò più settimane. L’assicuro che sarebbe ancor bella oggidì.»1 E la Teia scrive: «Il fanciullo autore se le componeva di soli uomini, e i tipi eran presi di fra la gente di casa, ma esagerati con un estro sì lepido e comico, che Carlo ne rideva ancora. Il tiranno Amostante rassomigliava molto, ahimè, al conte Monaldo, e la bizzarria inventrice di Giacomo lo rendeva terribile. L’eroe Filzero, il focoso Filzero, il bel parlatore che a tutto avea pronta una risposta, che batteva tutti, senza lasciarsi battere da nessuno, era Giacomo stesso. Veniva poi Lelio, la testa dura, l’imbecille ostinato, gretto, il motteggiatore spietato, che riceveva gli scapaccioni da Filzero con sublime indifferenza. Questi, diceva Carlo, era io; e se ne teneva. Il nome di Filzero restò proverbiale nella famiglia.»2


Se questi ricordi attestano la precocità dell’ingegno e una grande sensibilità, altri accennano al carattere dell’uomo futuro; questi, ad esempio, narrati da Carlo al Viani: «1° L’onorare i genitori non intendeva, esserne schiavo. Ne fu dichiarato empio dal prete. 2° Non poteva soffrire alcun disprezzo. Sdegnavasi fortemente e piangeva se alcuno della famiglia cedeva in cosa d’onore. 3° Mostrò fin da piccolo indole alle azioni grandi, amore di gloria e di libertà ardentissimo.»3



È noto che Giacomo vestì da ragazzo l’abito chiericale, ma non si sa il tempo preciso. Monaldo, però, ha lasciato memoria, che a sei anni e mezzo (il 5 gen-

  1. Epistolario di Giacomo Leopardi, vol. III, pag. 425.
  2. Contessa Teresa Teia Leopardi, Note citate, pag. 32, 33.
  3. Epistolario di Giacomo Leopardi, vol. III, pag. 424, 425.