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i genitori 23

±latore, col solo aiuto della figliuola Paolina. Il giornale, intitolato La Voce della Ragione, si stampò a Pesaro, e durò dal 1832 al 1835; nel quale anno fu soppresso dal Governo pontificio, per le intemperanze del Direttore; il quale, quando si trattava di dire ciò che gli sembrava la verità, non guardava in faccia nessuno; e, per quanto clericale, diceva volentieri male del governo dei preti. I molti articoli scritti da Monaldo nella Voce della Ragione furono quasi tutti ristampati separatamente. Egli, durante la pubblicazione del giornale, non limitò a quello, e non interruppe poi, la sua operosità di scrittore polemista in servigio delle sue idee. Stampò a Modena nel 1834 uno scritto su La giustizia nei contratti e l’usura; raccolse dalla Voce della Ragione e ristampò, prima a Pesaro (1834), poi a Lugano, a Napoli, a Palermo, le Considerazioni sulla Storia d’Italia di Carlo Botta, in continuazione di quella del Guicciardini; scrisse e pubblicò nel 1835 e nel 1836, a Pesaro, a Fossombrone e a Modena, altri scritti di minor mole; e negli anni dal 1836 al 1838 mandò al giornale di Lugano, Il Cattolico, parecchi articoli di vario argomento, tutti dal più al meno ispirati ai soliti sentimenti reazionarii.

Uno degli ultimi e più singolari lavori di Monaldo è il libro La Santa Casa di Loreto, Discussioni istoriche e critiche, che furono prima pubblicate nel Cattolico di Lugano, poi, coll’aggiunta di altre sette Discussioni, riunite in volume (Lugano, presso Francesco Veladini e Comp., 1841).

Questo libro e i Dialoghetti bastano a dare un’idea delle qualità della mente e della cultura del conte Monaldo, qualità che sono intimamente connesse col carattere suo d’uomo e di cittadino, quale lo impastarono i pregiudizi di casta, l’educazione gesuitica e la ferrea volontà della moglie. Se altre condizioni di vita avessero fatto di lui un altro uomo, anche come scrittore sarebbe riuscito più ragionevole, e per