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GLI ULTIMI SCRITTI E LA MOHTE. 463 vine d'Ercolano, contribuisce all'efifetto. E quel misto di cose vere con le inventate è molto gustoso. La mistura della realtà con la favola e delle dis- sertazioni filosofiche col racconto è una delle carat- teristiche del poema, e conferisce alla sua originalità. Le digressioni e le dissertazioni possono parere troppe e troppo lunghe (ce n' è una che occupa quasi tutta la metà di un canto); e può credersi che, de- viando troppo spesso e per troppo tempo l'attenzione del lettore dal racconto, nocciano all' interesse di que- sto. Ma nei Paralipomeni le digressioni sono, direi quasi, parte integrante dei fatti, sono come lo spirito che li vivifica e illumina; perciò, invece di scemare, accrescono l'interesse della narrazione. L'eloquenti ottave del primo canto sull'odio degli stranieri contro il nome italiano sono uno scoppio d' indignazione, che oggi può parere incivile ed in- giusta, ma che al tempo del Leopardi era l'espres- sione genuina e sincera di un forte amor patrio, del- l'amor patrio che aveva ispirato al poeta la canzone all'Italia. Quello scoppio d'indignazione, la digres- sione storica a proposito del rifiuto di Rubatocchi di farsi re, e l'eroica morte di lui rappresentano nel poema il patriotismo dell'autore, e spiegano e giusti- ficano la satira ch'egli fa dei liberali utopisti e dei congiurati da strapazzo. La lunga digressione in principio del canto quarto sulla civiltà dello stato primitivo degli uomini, che creati perfetti da Dio si allontanarono a poco a poco dalla originaria perfezione, alla quale da secoli si sforzano di tornare; e, le due più brevi, del canto sesto sulla intelligenza dei bruti, e dell'ottavo sul consenso universale addotto in prova della esistenza di una vita futura ; trattano ardui problemi filosofici con una lucidità di linguaggio ed un rigore di razio- cinio, non hanno precedenti nella poesia italiana mo- derna. Chi dicesse che quei ragionamenti in versi non