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456 CAPITOLO XXII. non ha fondamento l'altra supposizione, che fossero materiali preparati per qualche altra operetta morale. Indubbiamente i centoundici pensieri sono quei Pensieri sui caratteri degli iiomini e sulla loro con- dotta in società, dei quali il Leopardi nella notizia mandata al De Sinner per il libraio francese diceva di voler pubblicare un volume. Probabilmente s'egli avesse potuto pubblicarlo, se cioè gli fosse bastata la salute e la vita, la mole dei pensieri avrebbe potuto accrescersi, essendogli agevole trarne altri dai mate- riali che aveva raccolti nello Zibaldone. I Pensieri hanno, per il contenuto, una grande analogia con le Operette inorali, e possono conside- rarsi come un'appendice di esse; salvo che, mentre le Operette morali sono il prodotto della speculazione filosofica e della fantasia poetica dell'autore, i Pen- sieri sono il risultato della esperienza da lui fatta della società umana. Le conclusioni della esperienza naturalmente confermano, aggravandole, quelle della speculazione e della fantasia. La speculazione e la fantasia avevano condotto il poeta ad affermare che la vita ò necessariamente misera, che il dominio di essa appartiene al male, e che 1' uomo è tanto più infelice quanto ha mente più alta e cuore più nobile. L'esperienza dice che < il mondo è una lega di birbanti contro gli uomini da bene e di vili contro i generosi. > ' Questa sentenza ò svolta abbastanza largamente nel primo Pensiero, il quale è una specie d' introdu- zione a tutti i Pensieri y e comincia esso stesso con questa specie d' introduzione : < lo ho lungamente ricusato di creder vere le C()s(> che dirò qui sotto, oltreché la natura mia era troppo riraota da esso, e che l'animo tendo sempre a giudi- care gli altri da so medesimo, la mia incliiiuzìoiu; non è stuta mai d'odiare gli uomini, ma di umatli.

  • Giacomo Lkopakdi, Optrt, vul. II, png. 113.