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432 'CAPITOLO XXI. L' alta stima in cui era tenuto, come poeta e come filosofo, il Mamiani in confronto a lui, non poteva essere ignota al Leopardi, e non poteva fargli piacere. Credo di non ingannarmi pensando che se ne vendicasse più tardi col noto verso della Ginestra cavato dalla prefa- zione del Mamiani ai suoi inni, e con la nota che vi ap- pose. Certo, sfogò in quel tempo il suo dispetto contro i filosofi religiosi napoletani, scrivendo la satira Innovi credenti, che fa in certo modo riscontro alla Palinodia. Anche questa satira è in forma di epistola, ma non in versi sciolti, in terzine ; ed ha un' intonazione più leggera della Palinodia. L'intendimento della Pa- linodia è più alto; il poeta prende sul serio le idee contro le quali combatte e gli uomini che le rappre- sentano; nei Nuovi credenti deride spietatamente i suoi avversari e ne fa la caricatura. Chi fossero essi, chi fossero in particolar modo quei tre che introduce nella satira, non importa gran fatto sapere: i nuovi credenti erano quei letterati che, increduli e volterriani finché r incredulità dominò in Francia, si erano convertiti alle idee religiose dopo il trionfo della reazione, e dopo che questa con lo Chateaubriand aveva rimesso di moda il cristianesimo. Naturalmente questi convertiti erano i più intolleranti, e quelli che più altamente biasimavano lo sconsolate dottrine del Leopardi, ac- cusandole di empietà. Tutta Napoli, dice il poeta, riprova le mie dot- trino, e si arma alla difesa de' suoi maccheroni, per- chè non sa comprendere come i maccheroni non deb- bano bastare alla felicità della vita umana, non sa comprendere come si possa proferire la morte ai mac- cheroni. Perciò la voce dei dotti o dei letterati si leva, piena d'affanno, contro di me Alla difesa dolio cobo bollo, chiamandomi un empio, un perduto. — Qui il poeta scbixza bravamente il ritratto di quei tre tipi che