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426 CAPITOLO XXI. quali e qui ed in tutto il mondo, sotto un nome o sotto un altro, possono ancora e potranno eterna- mente tutto. > * Fin da quando nella prima gioventù il Leopardi si volse alla meditazione dei problemi filosofici e re- ligiosi, e dalla forza del suo pensiero fu condotto alla negazione e all'aborrimento delle dottrine cristiane, che da ragazzo aveva professate con tanto entusiasmo; €d attraverso le sue nuove idee filosofiche ed i suoi dolori giunse ad una prima concezione pessimistica della vita ; fin d'allora egli andò sempre innanzi nel nuovo cammino pel quale il suo pensiero si era messo, senza spaventarsi delle più terribili conclusioni, anzi provando talora un'amara voluttà a calpestare e di- struggere quelle stesse illusioni nelle quali aveva pro- clamato consistere i,soli beni della vita. A ventun anno, pieno d'ardore patriotico, aveva gittato il suo grido rivoluzionario nella canzone Al- l'Italia ; e per qualche tempo si mostrò appassionato di quella letteratura civile che colla educazione del popolo mirava alla rigenerazione della patria; ma quando nel 1827 andò a Firenze, dove quella lette- ratura aveva forse i suoi migliori rappresentanti in- torno al Vieusseux ed alla Antologia^ il concetto della infelicità necessaria di tutti i viventi si era già così fortemente radicato nell'animo suo, che gli parve ri- dicolo l'affaccendarsi di tutta quella brava gente in- torno a studi che avevano per iscopo il miglioramento civile e politico dei popoli e il risorgimento della na- zione, cioè, secondo lui, duo utopie. E pensava e scri- veva, come vedemmo, al Giordani che, < considerata la perfetta inutilità degli studi fatti da Solono in poi per ottenere la perfezione degli stati civili e la foli- ' KpMolario, voi. Ili, pag. 80.