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418 CAPITOLO XX. Il primo dei due canti, tutti due composti di strofe libere con rime al mezzo, si ricollega sotto un certo punto di vista alla poesia Amore e Morte, tratta cioè in parte lo stesso argomento con altri intendimenti e pensieri ; il secondo riprende, illustrandolo, un mo- tivo dell'Aspasia. In Amore e Morte, la Morte è un genio benefico, di bellissime forme, dolce a vedere, che annulla tutti i mali della vita, è la gentile compagna d'Amore ; nel canto sepolcrale la Morte riprende il triste aspetto che ha sempre avuto fra gli uomini; pare che il poeta voglia, non dirò disdire le lodi che già le diede, ma per lo meno attenuarle. Cioè, dopo averla in Amore e Morte rappresentata quale essa apparve per un istante alla sua fantasia in una dolce estasi d'amore, nel canto sepolcrale la rappresenta quale essa è real- mente. Egli vede animosa in atto, ma pur mesta, la bella giovane, rappresentata nel basso riUevo, in atto di par- tire, accomiatandosi dai suoi, e le domanda: Dove vai? chi ti chiama Lnnge dai cari tuoi, Bellissima donzella? Sola, peregrinando, il patrio tetto Si por tempo abbandoni? a questo soglio Tornerai tu? farai tu lieti un giorno Questi ch'oggi ti son piangendo intorno? Ad Amore e Morte il poeta aveva messo per epi- grafe il verso di Monandro, Muor giovane colui che ed cielo h caro; qui dallo domande, che il poeta fa alla donzella, si capisco che egli è in dubbio, so il de- stino di lei sia lieto o triste. E tale ò la risposta che, al fino di ciascuna dello tre strofe succedenti alla prima, il poeta dà a so medesimo. Dopo di che il roste della poesia, altre tre strofe di varia lunghezza, ò un seguito di incalzanti domande