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I DUE SODALI A NAPOLI. 411 quel funesto amore, a fargli di tratto in tratto bale- nare agli occhi quella eh' ei chiama ancora cara larva. Il profumo delle piagge fiorite, l'olezzo dei fiori nelle vie cittadine gli fanno rivedere l'immagine della bel- lissima donna, quale gli apparve in quella dolce pri- mavera del 1831 ; e si compiace a descriverla con molte particolarità, rievocando il fascino di quelle angeliche forme, e la esalta esteticamente, per poterla moralmente ed intellettualmente deprimere. Io, le dice, conobbi fin dal principio l'essere tuo, le tue arti e le frodi; io so che tu fosti sempre in- degna dell' amor mio ; che non potesti mai immagi- nare gli alti pensieri che suscitasti in me. Le donne non pensano né potrebbero comprendere ciò che la loro stessa bellezza ispira agli amanti generosi. Non cape in quelle Anguste fronti ugual concetto. Ma io non amai te, amai quella immagine di te, che ora è morta nel mio cuore. — Ah no, poeta, non è morta, s' ella vive, così plasticamente vera e superba- mente bella, nei dolorosi e sdegnosi tuoi versi. Tu puoi disprezzarla, detestarla, calpestarla; ma l'arai ancora. Dopo che il Leopardi fu morto, alcuni amici e conoscenti di lui e della Targioni domandarono alla bella e crudele signora se ella sapeva chi fosse l'Aspa- sia, ed essa con una ingenuità, che non si può credere molto sincera, rivolse la domanda al Ranieri ; il quale le rispose : < Aspasia siete voi ; e voi lo sapete, o al- meno lo dovreste sapere, o almeno io immaginava che lo sapeste, perchè leggendo quel componimento, mi scriveste non so che per darmi a intendere che l'ave- vate inteso. Nondimeno io ho detto e dirò sempre di non saperlo, perchè non so se avete o no piacere che si sappia, nel che io non voglio che stare alla vostra