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394 CAPITOLO XIX. difficile indovinare, e poco importa; ciò che importa, ed è chiaro, è che l'amore del Ranieri per la Pelzet doveva avere ricevuto un forte colpo, e che al Leo- pardi e alla Targioni importava che del colpo non si rilevasse. La Targioni era, come poi il Leopardi la battezzò, un'Aspasia, non so se meno bella, certo meno dotta dell'antica, e più degna della corrotta società italiana dei tempi moderni. Fu una grande sciagura del poeta il lasciarsi prendere ai vezzi di lei. Egli si stimava beato di potere adorare in silenzio la Dea, con la speranza che di quando in quando gli cadesse da quell'angelico volto una parola, uno sguardo, un sorriso, poco curando che ad altri fossero riserbati favori più sostanziali. Che fra questi ci fosse l'amico suo pare non gli dispiacesse: ad ogni modo non gli dispiacque che la bella Fanny si adoperasse in tutti i modi per legare l'amico a sé e distoglierlo dalla commediante. Il 22 gennaio 1833 il Leopardi scrisse al Ranieri : < La Fanny, con la quale si parla sempre di te, mi raccomanda di salutarti tanto ; > e il 29 gennaio : < La Fanny è più che mai tua e ti saluta sempre. Ella ha preso a farmi di gran carezze perch'io la serva presso di te, al che sum paratus. > ' Si potrà anche comprendere che al poeta non di- spiacesse l'amore della Fanny per l'amico suo; ma ch'egli fosse disposto a servire la signora in questo amore, accettando in compenso de' suoi servigi le ca- rezzo di lei, questo, dico la verità, mi pare un po' troppo. So l'acciecamento nell'amore potò far dimenticare al Leopardi la dignità sua fino a tal punto, fu cosa vera- mente deplorevole. Poiché Giacomo nello lettere al Ra- nieri successivo a quella del 29 gennaio non parla più della Fanny, io amo credere cho egli, dopo lo scia-
- MsmoA, studi Uopuvdiani, pag. 128, VJfd.