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386 CAPITOLO XIX. a pubblicare nel vostro degno giornale deW Antologia questa dichiarazione. > Alcuni giorni dopo, il 28 maggio, scrisse al pa- dre, avvisandolo della dichiarazione da lui pubblicata nella Antologia e in altri giornali, e dicendogliene le ragioni; le quali erano due: 1' che gli pareva in- degno l'usurpare ciò ch'era dovuto ad altri ; 2' ch'egli non voleva passare per convertito. < Il mio onore, diceva la lettera, esigeva eh' io dichiarassi di non aver punto mutato opinioni, e questo è ciò ch'io ho inteso di fare ed ho fatto (per quanto oggi è possi- bile) in alcuni giornali. In altri non mi è stato per- messo. >* Col padre usava questo linguaggio rispettoso e mi- surato; ma pochi giorni innanzi, mandando a suo cu- gino Giuseppe Melchiorri una dichiarazione identica a quella della Antologia, da pubblicare nel Diario di Roma, gli aveva parlato a cuore aperto : < Io non ne posso più, propriamente non ne posso più. Non voglio più comparire con questa macchia sul viso, d'aver fatto quell'infame, infamissimo, scelleratissimo libro. >* In questo medesimo tempo ebbe occasione di fare un'altra dichiarazione, la quale attesta anche in modo più alto la rettitudine della sua mento e la fierezza del suo carattere. Quanto il suo corpo era più de-r bole e affranto, tanto il suo spirito sentiva il bisogno di mostrarsi più forte ed erotto. Il De Sinncr gli aveva mandato il 26 aprile da Parigi due numeri del giornale VUesperus di Stuttgard (9 e 10 aprile 1832), nei quali un signor Henschel, parlando delle opi- nioni filosofiche del Leopardi, le considerava come il resultato dello sue malattie. Giacomo, risponch^ndo il 24 maggio all'amico suo, abbandona a un tratto l.-i lingua italiana, e manda allo scrittore àéìVJIespcrKs
- JCpttiotarlo, voi. II, p«g. 4til. * Idsm, pag. d74.