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384 CAPITOLO XIX. Un altro pensiero lo rodeva : i pochi denari che gli avanzavano del peculio fiorentino stavano per finire ; ed egli naturalmente non poteva accettare di vivere in tutto a carico del Ranieri; dato anche che questi avesse voluto e potuto mantenerlo. Sperare altri guadagni, nella impossibilità di lavorare, che si faceva ogni giorno maggiore, era assolutamente vano. 11 24 dicembre, ri- spondendo ad una lettera del De Sinner di due mesi innanzi, gli diceva: < Io tornerò certamente a Firenze alla fine dell'inverno, per restarvi tanto quanto mi permetteranno i miei piccoli mezzi, già vicini ad esau- rirsi: mancati i quali, l'abborrito e inabitabile Reca- nati mi aspetta, se io non avrò il coraggio (che spero avere) di prendere il solo partito ragionevole e virile che mi rimane. > ' Si capisce da queste parole che, per quanto egli avesse già accettato la profierta del Ra- nieri, era risoluto di non eseguire definitivamente il patto del sodalizio, ove non potesse provvedere da sé, almeno in parte, alle spese del suo mantenimento. Nel dicembre Monaldo gli mandò un regalo di quaranta scudi, che gli giunsero molto opportuni ; ma ai primi di marzo, avvicinandosi il tempo di lasciare Roma, fu costretto con suo dispiacere a ricorrere alla famiglia. Scrisse il dì 8 marzo; e il 17, dovendo par- tire e non avendo ancora ricevuto risposta, riscrisse raccomandandosi, e dicendo che sarebbe arrivato a Firenze con tanto danaro quanto gli sarebbe bastato a vivere una settimana.' Arrivò a Firenze la sera del 22 in compagnia del- l'amico; e due giorni dopo una lettera del padre lo avvisava della spedizione da lui fattagli di sessanta scudi. Prima di partire aveva ricevuta dal Vieusseux la notizia della sua nomina a socio corrispondente dell'Accademia della Crusca, che gli aveva fatto molto piacere.

  • EpMokwio, rol. II, png. 448. * Idem, pag. 408.