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382 CAPITOLO XIX. guarito, potè scrivere da sé al Vieusseux, si limitò a queste poche parole, in una lettera del 6 dicembre: < Oh povero il nostro Colletta ! anzi poveri noi, bea- tissimo lui! >' Dalle frequenti lettere al Vieusseux si vede che il pensiero del Leopardi era spesso rivolto a Firenze, agli amici. Quanto all'amore per la Targioni, la lontananza avrà forse contribuito a calmare le smanie del poeta; ma l'amore durava ancora; e come esso si nutriva so- pra tutto di pensieri e di immagini, è naturale ch'egli anche lontano pensasse spesso a lei, e ragionasse seco stesso di lei, specialmente nelle ore che l'amico, an- dando dietro alla Pelzet, lo avrà lasciato in casa solo. Nell'Epistolario sono due lettere del Leopardi alla Targioni. S' ei le ne scrisse altre non sappiamo : ma, se ne scrisse, si può, quasi con certezza, affermare che, come nelle due pubblicate non c'è una parola d'amore, così neppure nelle altre rimaste inedite. La prima delle due lettere fu scritta da Roma il 5 dicembre, pochi giorni dopo che il poeta ora gua- rito del reuma. Non ha da darle notizie né politiche nò letterarie, perchè abomina la politica, e sta in so- spetto di perdere la cognizione delle lettere dell' abbiccì, mediante il disuso del leggere e dello scrivere. Non pre- sumendo di beneficare, e non aspirando alla gloria, < non ho torto, dice, di passare la mia giornata disteso su un sofà, senza battere una palpebra. E trovo molto ragionevole l'usanza dei Turchi o degli altri Orientali, che si contentano di sedere sullo loro gambo tutto il giorno, e guardare stupidamente in viso questa ridi- cola esistenza. >^ Qui ad un tratto, quasi gli fosso comparsa dinanzi rimmaginc della amica, a sgridarlo e rii)rendcrlo, si interrompe: < Ma io ho torto di scrivere queste coso ' Kpltlolarh, voi. II, pag. 446. ' Idom, p»g. 448.