Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
372 CAPITOLO XVIII. umori, ed i messi inclementi di più o meno immatura morte, egli si spingesse a vani e inavvertiti soliloqui d'amore, che, non senza mio grande rammarico, ol- trepassavano di gran lunga i confini imposti alla di- gnità di un tanto uomo. Per congiunture, eh' è assai bello il tacere, io me ne trovavo spesso, e con mia grande angoscia, tra i più scabrosi anfratti. >' Lasciamo da parte i messi inclementi di morte e ciò che v' è d' involuto e di oscuro in tutto il discorso, specie circa i soliloqui d'amore. Della verità di questi vaneggiamenti amorosi non è da dubitare: tutti gli amori del poeta furono così; cioè sogni e allucinazioni, nei quali, o dormendo, o sveglio, in una specie di dormiveglia, egli vedeva la donna amata, e le parlava, e le diceva tutto quello che non avrebbe mai saputo dire in voce a una donna vera. E come questa volta l'amore era una specie di frenesia eh' egli non sapeva dominare, è naturale che quei soliloqui dovessero meravigliare e talvolta sgo- mentare l'amico. Si narrava una cinquantina d'anni fa in Firenze (e l'origine delle voci doveva, credo, risalire al Cap- poni) che la Targioni, andata una volta a trovare il Leopardi malato, gli lasciasse uno scialle; e ch'egli poi con codesto scialle solesse affazzonare un giovi- netto congiunto di lei che molto le somigliava e stesse contemplando a lungo (luelV immascherato e dicendogli ciò che non osava dire a lei stessa.' C'ò chi credo che il fatto sia vero, o almeno possibile; il Carducci, che lo riferì, lo reputa una favola indegna; ed io sono della sua opinione. Durante questo tempo del suo amore per la Targioni, il Leopardi frequentava assiduamente la casa dcHa marchesa Orintia Sacrati, che aveva allora ()'.) unni, • Sta* anni il aodallsh ùo., pAg. 12, 18.
- Vedi Oarouooi, Op*r«, voi. X, pag. S60.