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l' ultima dimoka a kkcanati. 349 Il Leopardi rispose subito accettando con animo commosso, e dicendo che sarebbe partito fra pochi giorni. La lettera finiva: < Differisco il ringraziarvi a quando lo potrò fare a viva voce.... Per ora vi dirò solo che la vostra lettera, dopo sedici mesi di notte orribile, dopo un vivere dal quale Iddio scampi i miei maggiori nemici, è stata a me come un raggio di luce, più benedetto che non è il primo barlume del cre- puscolo nelle regioni polari. >' Fu generosa e nobile l'azione degli amici di Fi- renze, rappresentati dal Colletta; né il benefizio po- teva essere fatto con garbo migliore. Ma nella so- stanza questa che ora il Leopardi accettava era né più né meno la sottoscrizione che qualche mese innanzi aveva rifiutata, ripugnandogli di puhbìicare ìa sua mendicità. C'era questa sola differenza, che la pub- blicazione della sua mendicità era ristretta a un pic- colo numero d'ignote persone. Chi avesse potuto in quei disgraziati ultimi otto mesi della dimora del poeta a Recanati penetrare neir animo di lui, avrebbe assistito ad una lotta ter- ribile, che non potè finire senza grande strazio ; la lotta fra la sua disperazione e la sua alterezza; lo strazio di dovere, povero nelV agiatezza dei suoi, ac- cettare l'elemòsina degli amici. • Epistoìat'io, voi. II, pag. 386.