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328 CAPITOLO XVII. a un prete appena veduto, mentre non li aveva mai aperti a lui confidente antico de' suoi primi anni, e provato.^ Ma non ci è niente di strano, anzi è natu- ralissimo, che Giacomo disputasse volentieri di filo- sofia con un giovane di opinioni opposte alle sue, mentre non aveva occasione di disputarne col Gior- dani, col quale andava perfettamente d'accordo. Del resto una lunga lettera che il Gioberti scrisse il 2 aprile 1830 da Torino al Leopardi, e trovasi fra le carte napoletane, fa testimonianza di quelle conversa- zioni, delle quali è come un seguito. La presenza del Gioberti, che si trattenne in casa Leopardi un solo giorno, potè per un istante distrarre Giacomo dai tristi pensieri : ma appena si ritrovò solo coi suoi, dovè rinnovarglisi il dolore della morte del fratello Luigi. Egli sentiva vivamente gli afi'etti di famiglia, e la morte delle persone giovani gli aveva fatto sempre una impressione profonda. A Pisa, ri- svegliatesi in lui le memorie della prima giovinezza, gli era rifiorita nell'animo l'immagine di Teresa. Tor- nato a Recanati, non ci trova più il suo Luigi; e sa che è morta anche un'altra giovane, che gli era cara, Maria lielardinelli. La famiglia di questa giovane, famiglia di campa- gnuoli, si era stabilita a Uecanati fino dal 1821, abi- tando successivamente tre case diverse, tutto vicine al palazzo Leopardi. La Maria, nata il P dicem- bro 18("K), ora già una ragazza fatta nel 1821; atten- deva, come quasi tutto le altre popolane, all'arte del tessere ; era amica della cameriera di casa Leopardi ; andava, per attingere acqua, entro il palazzo, e vi andava a scuola da Don Vincenzo Diotallevi. Era alta e ben fatta, bianca di carnagione, di capelli biondi; e la chiamavano la beatella. Giacomo dovè avere oc-
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di Firon/.o, citata nella nota 2 a png. 110 di quonto volumo.