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320 CAPITOLO XVI, subito al poeta una lettera piena d'affetto e di dolore; egli rispose a lungo, scusandosi e rassicurandola: l'amore agli amici e ai parenti gli avrebbe sempre impedito di fare una pazzia. < Non vi posso esprimere, soggiungeva, quanto mi commuova l'affetto die mi dimostrano le vostre care parole. Io non ho bisogno di stima, né di gloria, né d' altre cose simili ; ma ho bisogno d'amore. > < Credetemi, finiva, che io vi amo con tutta l'amicizia possibile; e che.... come si pos- sono amare in un tempo due patrie come proprie, così io amo come proprie due famiglie in un tempo: la mia e la famiglia Tommasini; la quale da ora innanzi, se così vi piace, chiamerò parimente mia. >' Nonostante le assicurazioni del poeta che stava meglio ed era più tranquillo, le Tommasini madre e figlia sentirono il bisogno di andare a Firenze a ve- derlo. Si trattennero con esso una settimana, che fu- rono, scrisse egli poi all'Adelaide,' i giorni più lieti da lui passati a Firenze. Volevano condurlo con loro a Bologna, dove forse avrebbero trovato il Giordani; ed egli sarebbe andato, se non glie lo avessero im- pedito la cattiva salute ed il caldo. Quando le Tom- masini partirono, Giacomo diede all'Antonietta una lettera per il Giordani, pregando che glie la conse- gnasse, se lo trovava ancora a Bologna, o glie la man- dasse a Parma, s'era partito. Scrivendo all'amico, il poeta sfogava il suo malumore contro Firenze e i fio- rentini, anzi più specialmente contro le fiorentine, le quali, a dire il vero, non avevano nessuna colpa verso di lui. < Ora che mi manca la tua compagnia,... avrei lasciata Firenze assai volentieri, perché ti confesso che questa cittA, senza la tua presenza mi riesce molto ma- linconica. Questi viottoli, che si chiamano strade, mi affogano; questo sudiciume universale mi ammorba; « Hpl»tolnrio, voi, IT, png. 8()J), 310.
- Idem, png. 31H.