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6 | capitolo i. |
anche in Recanati, come in tutti gli altri paesi delle Marche, si era stabilito il governo repubblicano, del quale molti erano scontenti e indignati. E già, profittando delle poche forze francesi rimaste nella Romagna e nelle Marche, s’eran formate delle bande d’insorti, per abbattere il governo repubblicano e ristabilire l’antico. Nel giugno del 1799 una grossa mano di quei briganti (li chiama così anche Monaldo) entrò in Recanati, sollevò il popolo, abbattè gli alberi della libertà, e andata alla casa Leopardi trascinò con sè Monaldo, e lo fece, contro sua voglia, governatore. Egli si adoperò più che altro a salvare dalle mani di quei furibondi qualche galantuomo in voce di liberale, che volevano massacrare.
All’entrare degli insorti i pochi francesi che si trovavano in città erano fuggiti: ma all’alba del giorno dipoi fuggirono alla loro volta gl’insorti con quei di dentro unitisi a loro, appena ebbero sentore che i francesi tornavano. Monaldo, avvisato del loro avvicinarsi dal fratello Vito e consigliato da lui, si rifugiò colla moglie e il resto della famiglia presso alcuni suoi contadini fuori della città.
Giacomo stava per compiere un anno, e la contessa Adelaide, incinta di un altro figliuolo, era vicina al parto.
I francesi, tornati in numero di circa dugento, stavano per entrare in città, quando, intimoriti da alcuni colpi di facile sparati da pochi giovani appiattatisi dietro le siepi lungo la strada, retrocedettero: allora i briganti rientrarono, e vi furono sette od otto giorni di tale anarchia, che i saggi, scrive Monaldo, desideravano il ritorno dei francesi come una redenzione.
È curioso, e merita di essere riferito con le parole stesse del conte, questo aneddoto. « Nella prima notte che dormii in campagna, scrive egli, la mia povera moglie fu divorata dalle pulci. La sua gravidanza le