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DA RECANATI A FIRENZE. 289 la discute ampiamente e serenamente, facendo esporre le ragioni che condannano il suicidio da Plotino, le contrarie da Porfirio. Anche questo dialogo è vòlto a dimostrare l'infelicità della vita umana; ma nel lungo dibattito la vittoria rimane a Plotino, il quale con- danna la morte volontaria, dicendola un atto fiero e inumano, un atto non di sapiente, ma di barbaro. Quando il Leopardi lasciò Bologna, né egli né lo Stella non fecero parola dell'assegno mensile che que- sti gli corrispondeva. Lo Stella, intendendo che l'as- segno servisse al poeta per mantenersi fuori di casa, lo fece senz'altro cessare col ritorno di lui in fami- glia; ma Giacomo, il quale doveva, credo, ritenere che l'assegno gli fosse pagato come compenso dei lavori, ai quali attendeva anche stando a Recanati, probabil- mente ne fu meravigliato e dolente. Se non che lo Stella il 3 febbraio 1827 gli scrisse: < Quantunque Ella si trovi in seno della sua famiglia, non voglio per- dere quella specie di diritto paterno ch'Ella mi ha conceduto, e con tutta libertà figliale mi deve dire in qualunque tempo le occorra : mandatemi del denaro — precisandomi in circa la somma. >' Naturalmente il Leopardi dinanzi a questa profi'erta si sentì disar- mato ; e con quella stessa lettera del 9 febbraio, con la quale aveva mandato allo Stella l'articolo per il Nuovo Ricoglitore, gli rispose che dal termine di ot- tobre in poi non gli aveva più richiesto l'assegno per- chè trovandosi in casa non ne aveva bisogno ; ma che al principio della prossima primavera sarebbe partito da Kecanati per essergli più vicino, e allora avrebbe profittato della sua offerta.' Lo Stella aveva fatto sapere da un pezzo al Leo- pardi che desiderava di rivederlo, e che, quando egli fosse tornato a Bologna, sarebbe andato a trovarlo ' Epistolario, voi. Ili, pag. 376, 877. 5 Idem, pag. 192, 198. Chiarini, Leop. 19