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282 CAPITOLO XIV. lo aveva fatto, un ribelle contro la stessa sua madre. Era brutto, era gobbo ; sapeva che la società, le donne specialmente, non perdonano questa disgrazia, e amava appassionatamente la bellezza femminile. Non importa; si sentiva moralmente bello, intellettualmente grande ; e se si fosse adattato a coprire la deformità delle spalle con la mantellina del prelato, si sarebbe sentito mo- ralmente e intellettualmente piccolo e brutto. Accennai le ragioni che avevano impedito a Gia- como di mantenere le promesse fatte ripetutamente ai suoi, di andare presto a trovarli. A quelle ragioni se n'era poi, come sappiamo, aggiunta un'altra, la relazione con la Malvezzi, le cui conversazioni riem- pivano tanta parte della sua giornata. Ai primi d'ago- sto andò a fare un giro per la Romagna, invitato e quasi forzato dal marchese Antonio Cavalli, amico suo, a vedere le antichità di Ravenna. Profittando di quella occasione, adempì un incarico datogli dal pa- dre, di cercare una giovane con buona dote che po- tesse entrare in casa loro, sposa, s' intende, di Carlo, •il cui nome non è fatto tuttavia nelle lettere; ma come non aveva fino allora trovato niente in Bolo- gna, non trovò niente in Romagna. Forse fu bene, perchè Carlo non era uomo da prendere a occhi chiusi una moglie datagli dai genitori. La Mariuccia Antici si era maritata, ed egli ora forse non ci pensava pia; ma la sposa mostrò poi col fatto elio voleva sceglier- sela da so. La Romagna piacque infinitamente a Giacomo, an- che perchè vi ebbe, corno scrisse alla Paolina, acco- glienze festose. Tornato a Bologna, non c'erano piiì ragioni d'in- dugiare la sua partenza per Recanati. Agli ultimi di settembre e ai primi d'ottobre scrìsse ripetutamente a Carlo, facendogli animo e annunziandogli prossimo il suo ritorno. £ il 18 ottobre scrisse allo Stella che, se non gli dispiaceva, sarebbe andato a passare l'in-