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278 CAPITOLO XIV. Scrisse all'editore milanese, domandandogli so aveva veduto il saggio, pregandolo di leggerlo attentamente e dirgliene il suo parere ; < perchè, piacendo a lei, sog- giungeva, rifiuterò qualunque altra occasione, come ho sospeso di accettarle fin qui, per intendere il piacer suo.... In quel ms. consiste, si può dire, il frutto della mia vita finora passata, e io l'ho più caro de' miei occhi. >' Con questa medesima lettera, eh' è del 12 mar- zo 1826, si doleva con lo Stella che mostrasse fare poco nessun conto del suo Epitteto e dell'Isocrate e gli raccomandava a mani giunte quei suoi cari e povein manoscritti, che gli sarebbe stato gran pena se fossero andati perdidi. Lo Stella rispose subito (lett. 22 marzo, 1° aprile) che VEpitteto e Vlsocrate erano stati già li- cenziati dalla Censura, che aveva letto il saggio delle Operette morali, che lo aveva trovato mirabile e su- periore a quanto dai moderni da lui conosciuti era stato scritto in fatto di fdosofia morale, e clie sarebbe stato ben contento di stampare il volumQ delle Operette mo- rali, pel quale gli cliiedeva libertà, quando si fosse veduto l'esito dell'opera, che, secondo lui, non poteva, mancare, di compensarlo come gli fosse sembrato me- glio. Intanto ristampava nel Bicoglitore il saggio della3 Antologia, e ne faceva tirare delle copie a parte. Il] Leopardi, che non desiderava di meglio, fu grato alloj Stella delle sue cortesi esibizioni, gli scrisse ai primi ! d'aprilo che teneva a sua disposizione il manoscrittO| e ai primi di maggio glie lo spedì.' llicevuto il nianosciitto, l'editore che dubitava d^ trovare ostacoli alla pubblicazione del volume pei parte della Censura, proposo di stampare le Opereti a poco per volta nel Jiicoglitore, salvo riunirle poi in un' volume; al quale l'autore avrebbe dovuto mandare in- • Kphtolario, voi. II, pn». 111.
- V«di h'pMotarh, voi. II, pag. 133.