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SEMPRE A BOLOGNA. 277 die nella filosofia sociale egli era per otpìi parte un raro ignorante. Per parlare delle istituzioni sociali e do' costumi, bisognava esser vissuto nel mondo e avere avuto parte nella società, mentre egli, anche in mezzo agli uomini, era sempre vissuto come in solitudine, os- servando e studiando sé stesso, cioè l'uomo in sé e i suoi rapporti col resto della natura. Il rifiuto era definitivo, e non ammetteva insistenze da parte del \'ieusseux. Ciò nonostante il Leopardi dovè sentirsi lusingato e riconoscente dell'offerta fattagli dal Di- rettore della Antologia, il quale gli proponeva anche un compenso in denaro, che sarebbe tornato oppor- tunissimo ai suoi bisogni. Ma egli non era uomo da transigere menomamente, per qualsiasi ragione, con la coscienza sua di scrittore. In ciò era così diverso da tutti i letterati del tempo, che questi non compre- sero com'egli, invece di piegarsi a scrivere cose che potessero gradire all'universale, si ostinasse a met- tere in versi ed in prosa i suoi tristi pensieri, che a lungo andare rendevano i suoi scritti uggiosi e an- tipatici. Quei tristi pensieri erano il frutto dei suoi studi, delle sue meditazioni, erano la voce della sua coscienza, alla quale egli non poteva mentire. Il Vieusseux probabilmente restò meravighato della risposta del Leopardi ; tuttavia non perdo la speranza di avere la collaborazione di lui al suo giornale ; ed il Leopardi stesso non ne abbandonò l'idea; ma i lavori nei quali era impegnato con lo Stella, la poca salute ed altre cagioni gl'irapedirono di attuare quell'idea. Ai primi del gennaio 182G lo Stella aveva pubbli- cato il Martino dei Santi Padri; intorno alla autenti- cità del quale, nonostante il giudizio del Padre Cesari, non tardò a sorgere qualche dubbio ; com'era naturale, anche perchè la verità era nota allo Stella e ad altre persone. Ma ciò importava poco al Leopardi. Ciò che gli importava era di pubblicare, dopo il saggio uscito nella Antologia, tutte insieme le Operette morali.