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SEMPRE A BOLOGNA. 275 scherzando: < Che meraviglia che i Francesi parlino di me a Sinigaglia. Non sai tu ch'io sono un gran- d'uomo, che in Komagna sono andato come in trionfo, (he donne e uomini facevano a gara per vedermi? >'
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Il lavoro del Petrarca gli era noioso e inglorioso; ma aveva in serho, ancora inedite, le Operette morali, lille quali fondava le sue maggiori speranze. Era im- paziente di vedere qualche effetto della consegna di esse fatta nell'ottobre del 1825 al Giordani; e scri- vendo al Papadopoli il 26 gennaio 1826 esprimeva il dubl)io che l'amico si fosse dimenticato di lui e del suo manoscritto. Invece il Giordani finiva proprio al- lora di scrivere quella magnifica prosa indirizzata al Colletta e al Niccolini, con la quale voleva presen- tare ai lettori della Antologia le Operette morali.* Quando scriveva o parlava di Giacomo, il piacen- tino non conosceva misura nelle lodi. Se ciò pare anche a noi oggi, tanto pia doveva parere ai contempora- nei. Ma la cagione che impedì al Vieusseux di acco- gliere quella prosa nella sua Rivista fu un'altra: fu la tirata che ci è contro il Lamartine, veramente un po' fuori di luogo, e un po' lunga ed eccessiva. Il Gior- dani, accettando le ragioni del Vieusseux, sostituì a quella prosa una breve letterina, e con essa furono pubblicati nel N° 61 (gennaio 1826) della Antologia i tre dialoghi, Timamìro ed Eleandro, Cristoforo Co- lombo e Pietro Gutierrez, ■ Torquato Tasso e il stw gemo familiare, come saggio delle Operette. Firenze e la Società del Vieusseux non erano il luogo e le persone meglio adatte per un giudizio im- ' Epistolario, voi. II, pag. 157. « Fu pubblicata poi dal Gussalli nel voi. IV degli Scritti di P. Giordani, a pag. 149 e seg.