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274 CAPITOLO XIV. comò dovè parlare della Padovani quando esso nel maggio del 1826 tornò a Bologna a rivedere gli amici, e quando la relazione fra il poeta e la cantante era cessata, o stava per cessare, lo credette rimasto an- cora nei lacci di lei, e rimastoci a lungo ; poiché Gia- como con lettera del 3 luglio dell'anno di poi cercò di disingannarlo. È vero che allora aveva già rotta, come vedremo, la sua relazione con la contessa; ma non possiamo credere che all'amico non parlasse sin- ceramente. < Non so, gli scriveva, perchè vogli dubi- tare della mia costanza in tenermi lontano da quella donna. Quasi mi vergogno a dirti che essa, vedendo che io non andava più da lei, mandò a domandarmi delle mie nuove, ed io non ci andai ; che dopo alcuni giorni, mandò ad invitarmi a pranzo, ed io non ci andai; che sono partito per Firenze senza vederla; che non l'ho mai veduta dopo la tua partenza da Bologna. Dico che mi vergogno a raccontarti questo, perchè par eh' io ti voglia provare una cosa di cui mi fai torto a dubitare. Certo che la gioventù, le bellezze, le grazie di quella strega sono tanto grandi, che ci vuole molta forza per resistere. >' Dalla relazione con la Malvezzi il Leopardi si era come sentito trasportare in un altro mondo, nel quale alla bellezza della Padovani era vietato l'ingresso. A quella cagione di contentezza si aggiungeva l'altra già accennata, della crescente sua fuma. Egli tanto si sentiva cresciuto nella opinione pubblica, che ap- punto in questo tempo, rispondendo alla I*aoliiia in proposito di una cattedra offertagli all' Università di Urbino, si lasciò ingenuamente scappare queste pa- role: < Una cattedra di provincia non sarebbe di con- yenicnza d'un letterato mio pari. >' K poco appresso avendogli la sorella riferito che a Sinigaglia alcuni francesi avevano parlato con alto lodi di lui, lo risposo
- KpMeJarto, voi. II, pag. 210. ' Idom, pag. 110.