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SEMPRE A BOLOGNA. 273 ischerzo. — C'è un proverbio che dice: Chi scherza si confessa. — E per quanto, passato il primo delirio, egli vivesse con lei in una amicizia tenera e sensibile, non si può credere che lei sotto l'amicizia tenera e sen- sibile non sentisse di tratto in tratto far cai)olino l'amore. Ad ogni modo ella, pare, non se ne offese. E come quelle conversazioni serali erano la maggiore felicità del poeta, egli non pensò (e fu male) che sa- rebbe stato prudente dissetarvisi con un poco di di- screzione. Intorno a questo tempo il Leopardi ebbe un altro amoretto, se pure si può dargli questo nome. Nella casa Badini, ov'egli si era stabilito dopo il suo ri- torno da Milano, abitava una Rosa Padovani, mode- nese, nata Simonazzi, che, lasciato il marito a Modena, era andata a Bologna a studiarvi il canto per darsi al teatro. Aveva un paio d' occhi e una persona che al Leopardi e ad altri parevano belli ; conosceva la fami- glia Stella, e abitava allo stesso piano del poeta. Que- ste due circostanze dovettero essere l' occasione della loro conoscenza. Giacomo uscendo di casa, quando ai primi tepori della primavera aveva ricominciato le sue passeggiate campestri, dovè imbattersi nella can- tante, e notare la bella persona di lei e i belli occhi, che forse gli suggerirono i versi della Epistola già citati da me, E non lo sguardo tenero tremante, Di due nere pupille, il caro sguardo, La più degna del ciel cosa mortale. Dagli accenni ad essa nelle lettere del Leopardi si capisce ch'egli non ne ebbe nessuna stima; ch'essa cercò di attirarlo con le arti che sono proprie di quel genere di donne; e ch'egli, disgustato, non tardò ad allontanarsene. L'allontanamento dovette avvenire in- torno al tempo ch'egli fece la conoscenza della Mal- vezzi. Ma il Papadopoli, al quale probabilmente Gia- CuiAKiNi, Leop. • 18