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272 CAPITOLO XIV. e gli entusiasmi della gioventù e della vita; e forse r idea di entrare in comunione di pensieri con cotesto alto intelletto, di consolare cotesto grande infelice, la tentò, e le fece desiderare di conoscerlo da vicino. La sola espressione di questo desiderio eh' egli dovè leggere nella faccia sorridente della signora, fu per lui un lampo di felicità; le prime parole cortesi ch'ella gli diresse lo fecero fremere di gioia; le lodi che gli sussurrò ebbero per lui sapore d'ambrosia. Dopo le prime presentazioni, la conoscenza divenne ben presto intimità. Egli desiderò di trovarsi a con- versare da solo a sola con lei: e ciò a lei non di- spiacque. Ella s'interessava alle confidenze di lui, e gli faceva le sue. Le conversazioni cominciavano la sera all'avemaria e duravano fino alla mezzanotte passata; ciò che a lui pareva un momento, e forse nel primo tempo anche a lei. Non le poteva balenare, e non le balenò allora il pensiero che in questa inti- mità ci potesse essere, non dirò nessun pericolo, ma neppure niente di men che corretto, da porgere il più lontano appiglio a maldicenze volgari : ella aveva tredici anni più di lui, e lui non era un uomo, era uno spirito. Giacomo però, scrivendo il 30 maggio al fratello Carlo di questa relazione, che formava alloi'a gran parte della sua vita^ diceva che la conoscenza della con- tessa aveva risuscitato il suo cuore dopo un sonno, anzi una morte completa, durata per tanti anni; che nei primi giorni cìie la conobbe visse in una specie di delirio e di febbre; o che, per quanto ella non fosse giovane, era di utia grazia e di uno spirito che suppliva alla gioventù e creava un'illusione meravigliosa.^ Questo dunque, da parto del poeta, era amore, e di quel buono ; per quanto egli dicesso che nello loro lunghe conversazioni non parlavano mai d'amore se non per « VimIÌ KpMolaHa, Tol. II, pAg. VM