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SEMPRE A BOLOGNA. 269 doveva essere l'editore; ma fu disegnato e inciso il ritratto, di cui il Brighenti regalò poi il rame al Leo- pardi, e furono scritte da Giacomo le brevi notiae biografiche, ch'egli mandò in quell'anno al Popoli.' Se l'edizione delle Opere non ebbe effetto, non perciò il poeta ne ebbe allora meno piacere. Un altro fatto gli arrecò pure grande sodisfazione. L'Accademia dei Felsinei, di cui il Pepoli era vi- cepresidente, dovendo tenere la sera del 27 marzo una delle sue solenni adunanze, mandò il suo segretario in persona ad invitare il Leopardi, affinchè vi inter- venisse e recitasse. Con ciò s'intese di fargli un onore straordinario, non essendo egli accademico. Il Leopardi intervenne, e recitò in presenea del Legato e del fiore (Idia nobiltà holognese, muschi e femmine, l'Epistola al Popoli. < Mi dicono, scriveva egli poi a Carlo, che i miei versi facessero molto effetto,e che tutti, uomini e donne, li vogliono leggere. >* E il povero Carlo, che a Reca- nati moriva di noia, e che conosceva il suo Giacomo, rispose rallegrandosi con lui, < perchè, diceva, il suc- c esso è cosa che molto rassomiglia alla felicità. >' Veramente questo fu il tempo più felice nella in- felicissima vita del Leopardi. Egli ora per la prima volta provava intera la sodisfazione di essere tenuto per quello che sapeva di essere, un uomo d' ingegno straordinario. Vedemmo che fin da quando nella prima giovinezza s' infatuò d'amore per la Cassi, ben sa- pendo che le donne non avrebbero potuto amarlo per la sua figura, s' immaginava di potere forse una volta diveìiuto qualche cosa di grande nelle lettere farsi in- nanzi alla donna amata in modo da esseme accolto con piacere e stimai Quella immaginazione d' allora ♦ Vedi Epistolario, voi. II, pag. 178 e seg. ' Epistolario, II, pag. 119. ' Lettere scritte a Giacomo Leopardi dai suoi parenti, pag. 173.
- Le parole in corsivo sono tratte dal citato Diario f amore
nelle carte napoletane.