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SEMPRE A BOLOGNA. 267 Campi il sereno e solitario riso, Né degli augelli mattutini il canto Di primavera, né per colli e piagge Sotto limpido ciel tacita luna Coramoverammi il cor; quando mi fia Ogni beltade o di natura o d'arte, Fatta inanime e muta; ogni alto senso, Ogni tenero affetto, ignoto e strano; Del mio solo conforto allor mendico. Altri studi raen dolci, in ch'io riponga L'ingrato avanzo della ferrea vita, Eleggerò. Questi studi luen dolci li aveva già eletti : erano la sostanza delle Operette morali; ma nelle parole stesse del suo rimpianto si sente che le bellezze della na- tura avevano virtù di commuoverlo ancora ; come in queste parole dell'altro luogo poetico da me accennato, E non lo sguardo tenero, tremante. Di due nere pupille, il caro sguardo. La più degna del ciel cosa mortale, si sente che il suo cuore non era chiuso per sempre
- ii teneri alletti.
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Durante l'inverno, scrivendo ai suoi, specialmente a Carlo e a Paolina, aveva espresso più volte il de- siderio di tornare presto a rivederli. Carlo era dispe- rato, e come fuori di sé, per trovarsi solo senza oc- cupai:ione, senza godimenti di sorte alcuna; e sfogava la sua disperazione scrivendo lunghe e desolate let- tere al fratello,' il quale prendeva viva parte al suo misero stato e si studiava di fargli animo. Avrebbe ' Vedi Lettere scritte a Giacomo Leopardi dai suoi parenti, pag. 132 e seg., 146 e seg.