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A BOLOGNA. 259 aveva intenzione di mettere un volume di Pensieri morali tratti da libri perduti di antichi scrittori ffreci, opera che sarebbe tratta da Stobeo, e gli ripeteva di aver già in pronto la materia del primo volumetto della raccolta, il quale conterrebbe i Bagionamenti morali d'Isocrate, soggiungendo che li aveva fatti leg- gere, insieme col frammento di Senofonte pubblicato nel liicoglitore, al Giordani (il quale agli ultimi di ottobre era ripassato da Bologna), e che tanto lui quanto altri lo avevano assicurato che erano modelli di perfezione in fatto di volgarizzamenti. Questi giudizi incoraggiarono il Leopardi a segui- tare il lavoro per la raccolta dei moralisti greci, e subito dopo pose mano alla traduzione del Manuale di Epitteto, alla quale era consigliato anche da altre ragioni. Fin da quando, sperimentata l'inutilità di contrastare al suo destino, passò dalla disperazione alla rassegnazione, gli parve di trovare nelle dottrine d' Epitteto gì' insegnamenti pratici più adatti alle mi- sere condizioni della sua vita; e fin d'allora ebbe forse l'idea di tradurre il Manuale. Ma mentre at- tendeva a tradurlo, una lettera dello Stella figlio gli rammentò il Petrarca, dicendogli che suo padre, prima di por mano all'impresa dei moralisti, inten- deva pubblicare il Canzoniere.* Il Leopardi, che non sospettava ciò, chiese licenza di terminare Y Epitteto, dicendo che poi avrebbe ripreso il Petrarca e non avrebbe pensato ad altro. Intanto (s'era alla fine di novembre) il Papado- poli era partito da Bologna per un viaggio a Firenze, a Roma e a Napoli, e il Greco pare non avesse più voglia di studiare il latino. Ciò dimezzava i guadagni del Leopardi, e metteva in pericolo la sua dimora in Bologna. Scrivendo il 30 novembre al Papadopoli, ed accennando alla lezione del Greco perduta, diceva:
- Vedi Epistolario, voi. Ili, pag. 317.