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A BOLOGNA. 249 ranza di uscire. > L'editore Stella gli aveva scritto il 5 marzo, chiedendogli il suo parere intorno alla pub- blicazione che voleva imprendere di tutte le opere di Cicerone nel testo latino, con traduzioni italiane di varii, e pregandolo della sua cooperazione. Giacomo rispose il 13, lodando in genere l'impresa, dando con- sigli, e mostrandosi disposto a fare qualche tradu- zione. La risposta di lui invogliò lo Stella a proporgli di andare per qualche tempo a Milano per avviare il lavoro. Il Leopardi, che non desiderava di meglio, lasciò capire che sarebbe andato volentieri, se avesse avuto il bisognevole pel viaggio e per la dimora. Que- sta difficoltà fu rimossa dallo Stella, il quale offrì di pensare alle spese. Giacomo, accettata l'offerta, di- chiarò che sarebbe partito appena gli fosse giunto il passaporto, che aveva già richiesto a Roma allo zio Antici. Sul punto di partire, richiese a un altro zio, il conte Ettore Leopardi, una piccola somma, per non mettersi in viaggio con le tasche assolutamente vuote; la richiese per lettera, non avendo il coraggio di chie- derla a voce ; e mandò la lettera per il curato, e Voi sapete, scrisse allo zio, lo stato della nostra famiglia, e conoscete bene la cagione per cui non ardisco d'im- portunare i miei genitori con certe domande. >' Que- sta cagione s' indovina facilmente : lo stato della fa- miglia non poteva impedire ai genitori di dare al figliuolo qualche denaro pel viaggio. « ♦ Se il Leopardi non fece allora tutte le altre tra- duzioni delle quali aveva scritto allo zio Antici, com- pose però, e probabilmente lo finì prima di partire Epistolario, voi. I, pag. 561.