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244 CAPITOLO XII. — LE < OPERETTE MORALI. > triste, per isfogo dell'animo, o per consolarmene col riso, e non per altro ; io non lascio tuttavia negli stessi libri di deplorare, sconsigliare e riprendere lo studio di quel misero e freddo vero, la cognizione del quale è fonte di noncuranza e infingardaggine, o di bassezza d'animo, iniquità e disonestà di azioni, e per- versità di costumi ; laddove, per lo contrario, lodo ed esalto quelle opinioni, benché false, che generano atti e pensieri nobili, forti, magnanimi, virtuosi, ed utili al ben comune e privato; quelle immaginazioni belle e felici, ancorché vane, che danno pregio alla vita. >' Disse cosa giusta, ma ovvia, chi osservò che il Leo- pardi nella Ginestra, affermando l'infelicità della vita, suggeriva l'unico rimedio che a lui pareva atto a sa- narla, un forte sentimento di solidarietà umana dinanzi alla insensibilità della natura.^ L'osservazione, se non esposta e formulata nei medesimi termini, dovè esser fatta da quanti avevano letta e intesa la poesia;" e concetti affini a quello della Ginestra si trovano adom- brati in altri scritti dell'autore; si trovano, come ac- cennai, nella lettera al Jacopsscn; si trovano nelle pa- role stesse di Eleandro qui sopra citate. Il pessimismo leopardiano non fa divorzio dalle belle e nobili idealità della vita, che chiama illusioni; anzi le esalta e rac- comanda come il farmaco più efficace ai mali di essa. I OiACOHo LioPABDT, Opti'e, od. cit., voi. II, pag. 47. • Vftdi Carducci, Dm/li Hjnriti e dt^lle forme ec, pag. 115. ' Vedi / Canti di Giacomo Leopardi, comniontnli da Aifrodo .StrAccalì; Firenxe, Sansoni, 1892; pag. 225, 22G noi commento Hi TV. 1W>, 14&.