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240 CAPITOLO XII. di Prometeo e, a breve distanza, il Dialogo della Na- tura e di un Islandese, dove la tragedia precipita spa- ventosamente al suo fine. — Oh dunque l'uomo è la creatura più perfetta dell'universo? — Venite e ve- dete: là, nel paese di Popaian, nel nuovo mondo, stanno intorno a un vaso di terra posto a un gran fuoco alcuni uomini, che cuociono, per mangiarsele, le carni dei loro figliuoli. — Ah dunque la vita è una bella cosa? è il miglior dono che il cielo potesse fare agli uomini? — Giudicatene : quell'uomo che è lì morto, con accanto i suoi due figliuoletti, era ricchissimo, stimato da tutti, aveva molto favore in corte, e per tedio della vita ha ucciso sé e loro, raccomandando ad un amico il suo cane. Tremenda la scena di quel povero Islandese, che avendo fuggito la Natura per cento parti della terra, e fuggendola ora per l'interno dell'Affrica, ad un tratto se la trova dinanzi sotto una forma smisu- rata di donna bella e terribile, che lo interpella: — Chi sei? che cerchi in questi luoghi dove la tua specie era incognita? — Il povero Islandese risponde con una terribile requisitoria, nella quale sono enu- merati tutti i fastidi, i pericoli, gli stenti, i danni, i dolori onde la Natura flagella in ogni parte del mondo il genere umano. La Natura osserva frcddamcte che essa non sa niente del male che fa agli uomini, che quelle tali azioni ch'ella fa, non le fa nò per nuocer loro nò per giovarli. Intanto sopraggiungono duo looni < così rifiniti e maceri dall'inedia, che appcn.i li.iinio forza di potersi mangiare quoH'Islandcso, come fanno. > Nei due scritti dei quali ho parlato l'autore ha messo come in azione la vita umana (|ii.il< v'j}\ lu vede; il ragionamento non ò che illustrazione dei fatti. Invece il Dialogo di un Fisim o di un Metafisico ò tutto ragionamento. Il Fi > ne clu; la vita ò un bene por so medesima, i. ìm;h .»> hi ralh ^m:i di Mvcr trovato l'arte di vivere lungamente; il M«t ili i ■ »-