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LE < OPERETTE MORALI. > 239 il maggior male dell'uomo, il quale era tanto meno infelice, quanto era più rozzo e ignorante. Nei primi quattro dialoglii e nella Proposta di premi l'autore comincia a mettere in pratica ciò che si era proposto col pensiero dello Zibaldone citato innanzi : trasporta il ridicolo alle cose serie e imi)or- tanti della vita. La leggerezza ed inerzia degli uo- mini, le sciocchezze e i danni del seguire la moda, la falsità degli amici, l'infedeltà delle donne, la non- curanza e il disprezzo della virtù e della gloria, la mancanza d'amor patrio, la sciocca superbia del cre- dere che il mondo e tutte le cose che in esso esi- stono siano state create a benefizio del genere umano, sono i vizi e i difetti contro cui rivolge i suoi strali. Col concetto della piccolezza dell'uomo e della infelicità necessaria di tutti i viventi i tre dialoghi che seguono (componimenti settimo, ottavo e nono) c'introducono nel vero mondo del pensiero leopar- diano, dove non si tratta più dei vizi e difetti de- gli uomini, ma dei principii fondamentali delle ca- lamità e della miseria umana, dove la commedia si muta in tragedia. A Maìamhnmo, mago, che prega Farfarello, uno degli spiriti infernali, di farlo felice per un momento solo. Farfarello risponde: Non posso; e non potrebbe neppure Belzebù in persona. k\V Anima che nascendo sente dalla Natura di essere condan- nata alla infelicità e ne chiede il perchè, la Natura risponde: Tutti gli uomini sono necessariamente in- felici, e tanto più infelici quanto è maggiore la loro eccellenza. Alla Terra, che sentendo la Luna essere in tante cose diversa da sé, le domanda se in lei i mali sono più dei beni, e se i suoi abitanti sono felici o in- felici, la Luna risponde che i mali sono infinitamente superiori, e che i suoi abitatori sono tanto infelici, ch'essa non si scambierebbe col più fortunato di loro. A illustrare e far quasi toccare con mano la ve- rità di queste sentenze seguono terribili La Scommessa