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234 CAPITOLO XII. quelle in verso, cioè la Palinodia e i Paralipomeni, come vedremo a suo tempo. Il modo come furono composte e la loro lunga pre- parazione dimostra, secondo me, che le Operette mo- rali non sono, come può parere a prima vista, e come parve a taluno, una raccolta di scritti varii, non aventi un intimo e stretto legame fra loro ; sono invece, come volle l'autore, un'opera organica nel suo complesso e nelle sue parti, nell' ossatura dei pensieri e nella va- rietà della forma; e sono anche un'opera d'arte, come le poesie, anzi sono in parte esse stesse poesia. Il Leopardi, essenzialmente poeta, fu poeta anche nelle prose, vuoi per le invenzioni, vuoi per il ritmo delle frasi e dei periodi. Le Operette morali sono come un intermezzo fra le prime poesie e le ultime. Dopo avere mostrato cogli Idilli e con lo Cannotti che cosa poteva nella poesia propriamente detta, il Leopardi volle, componendo le Operette morali, met- tere in atto il suo ardito e superbo proposito, di dare all' Italia quella prosa che, secondo lui, le mancava, una prosa dove la lingua e lo stile essendo classico e antico paresse moderno, e fosse facile a intendere e di- lettevole così al vohjo come ai letterati.^ Datosi dopo la relaziono col Giordani alla lettura assidua degli scrittori nostri dei tempi migliori, o tro- vatosi (ino ud un cerio punto d'accordo coll'amico noli' idea che la perfetta prosa italiana dovesse cer- carsi noi connubio della lingua dei trecentisti con lo stile greco, quando per lo studio largamente fatto sugli scrittori delle tre grandi letterature si sentì pa- drone della lingua e dello stile giudicò di potersi ci- I V«di SpMeiarlo, voi. I, pug. 260.