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LE < OPERETTE WXJRALI. > 233 < A volerò che il ridicolo primieramente giovi, se- condariamente piaccia vivamente e durevolmente, cioò la sua continuazione non annoi, deve cadere sopra qualche cosa di serio e d'importante. Se il ridicolo cade sopra bagattelle e sopra, dirò quasi, lo stesso ridicolo, oltre che nulla giova, poco diletta e presto annoia. Quanto più la materia del ridicolo è seria, quanto più importa, tanto il ridicolo è più dilettevole, anche per il contrasto ec. Ne' miei dialoghi io cer- cherò di portar la commedia a quello che finora è stato proprio della tragedia, cioè i vizi dei grandi, i principii fondamentali delle calamitA, e della mise- ria umana, gli assurdi della politica, le sconvenienze appartenenti alla morale universale e alla filosofia, l'andamento e lo spirito generale del secolo, la somma delle cose, della società, della civiltà presente, le di- sgrazie e le rivoluzioni e le condizioni del mondo, i vizi e le infamie non degli uomini ma dell'uomo, lo stato delle nazioni ec. E credo che le armi del ridi- colo, massime in questo ridicolissimo e freddissimo tempo, e anche per la naturai forza, potranno giovare più di quelle della passione, dell'aft'etto, dell'imma- ginazione, dell'eloquenza, e anche più di quelle del ragionamento, benché oggi assai forti. Così a scuo- tere la mia povera patria e secolo, io mi troverò avere impiegato le armi dell'affetto e dell'entusiasmo e dell' eloquenza e dell' immaginazione nella lirica e in quelle prose letterarie ch'io potrò scrivere; le armi della ragione, della logica, della filosofia nei trattati filosofici ch'io dispongo; e le armi del ri- dicolo ne' dialoghi e novelle lucianee eh' io vo pre- parando. >' Ciò che il Leopardi espone in questo pensiero giova a bene intendere e giudicare non solamente le sue satire in prosa, cioè le Operette morali, ma anche » Pensieri di varia filosofia ec, voi, III, pag. 133, 134,