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232 CAPITOLO XII. dosi alla fortuna, rinunciò alla speranza di vivere, studiò l'arte di non soffrire, si trasformò di Era- clito in Democrito, ma in un Democrito che, men- tre ride, ha nella voce e negli occhi il pianto della disperazione. Questo stato dell'animo suo si sente nelle Canzoni composte dal 1820 al 1822, si sente nelle lettere. Qualcuno ha creduto ch'egli cominciasse subito dopo il 1820 a scrivere qualcuna delle Operette mo- rali, e che vi lavorasse con gran lena nel 1821 e nel '22. Invece è certo che non ne scrisse nessuna prima del 1824. Tutto ciò che di relativo ad esse fece prima di quell'anno sono gli abbozzi di pro- sette satiriche, accennati al Giordani nel settem- bre 1820, e il Disegno di diàloghi satirici alla ma- niera di Luciano, del quale parlai nel capitolo IX : ma di quel disegno scrisse il 6 agosto del 1821 al- l'amico che fino allora non aveva colorito niente.' Che le Operette morali furono tutte composte nel 1824 lo dichiara l'autore stesso nella notizia pre- messa all'edizione napoletana del 1835.* E se ciò non bastasse, abbiamo nelle carte napoletane il mano- scritto autografo di esso, nel quale ò notato di cia- scuna il giorno in cui fu cominciata e quello in cui fu finita. La prima fu cominciata il 11) gennaio 1824, l'ultima fu finita il 16 novembre dello stesso anno. Ma se tutte furono composto in quell'anno, ebbero però nella mente dell'autore una lunga preparazione nei quattro anni precedenti, corno appare da alcuni accenni nelle lettere e dai Pensieri dello Zibaldone, tra i quali ò importantissimo questo del 27 luglio 1821, col quale l'autore spiega gl'intendimenti della sua satira, o di che genere fosso il ridicolo ch'egli vo- leva adoperare in essa.
- Vodi Kphlolarh, voi. I, pag. 341.
• Vo<llIft in Scfitll UtUrarl di diacomo Ltopardl por cura di 0. Montica; voi. II, pag. 880.