Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
220 CAPITOLO XI. Quando il Ministro di Prussia parlò dell'impiego al Cardinale Consalvi Segretario di Stato, questi gli domandò se Giacomo fosse disposto a prendere l'abito di corte, il quale gli avrebbe aperto la strada ad impieghi ed onori. Giacomo si consigliò con gli zii e discusse con loro la cosa in modo che, scrisse a Carlo, non mi jìotrò pentire di non averla pensata abbastanza. La conchiusione fu ch'egli non sarebbe mai stato un prelato. < Assicurati, soggiunse, che io non presi que- sta risoluzione per irresoluzione e poco coraggio, ma perchè da molto tempo e prima di venir qua, e molto più dopo venuto, io ho fatto questa deliberazione, che la mia vita debba essere più indipendente che sia pos- sibile, e che la mia felicità non possa consistere in altro che nel fare il mio comodo. >' Aggiunse che, scartata la prelatura, e stabilito di chiedere un im- piego secolare, aveva, d'accordo con gli zii, scelto quello di cancelliere del censo ; pel quale aveva già fatto la supplica e datala al Ministro di Prussia, che glie l'aveva rimandata con una sua lettera di rac- comandazione al Segretario di Stato, e con un bi- glietto all' abate Capaccini minutante, che doveva presentarla. Non si possono leggere senza pena queste parole di Giacomo in line della lettera a Carlo. < Dopo una giornata intiera di sudore nella quale non pranzai, feci quattro volto la strada di Monte (^avallo con un Hole che smagliava, e in ultimo non conclusi nulla; finalmente la mattina dopo essendomi alzato a giorno, fatta altre due volte la stessa strada, potei vedere l'abate Capaccini e consegnargli il plico, intorno ;il quale mi diede buono speranze. I miei zii mi dicono che un impiego non mi può mancare: io fo conto che tutto qucHto Hia una burla, e spero in questo caso d'essere più contento di prima. >* ' Bptttolarto, voi. I, pag. 427. * Idem, png. 487,