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GIACOMO LEOPARDI A ROMA. 219 Fra le ragioni che avevan fatto desiderare a Gia- como di andare a Roma c'era stata la speranza di trovare una occupazione o un impiego che lo liberasse dalla forzata residenza di Recanati. Furono a questo fine fatti molti progetti ed intavolate parecchie trat- tative, intorno ai quali e alle quali egli si consigliò coi parenti e cogli amici di Roma e di fuori. Il libraio De Romanis gli propose la traduzione di tutte le opere di Platone; ed egli s' invaghi del lavoro, pel quale fu consigliato di domandare cento scudi per ciascuno dei quattro o cinque volumi che la tradu- zione avrebbe occupati. Monaldo, richiesto del suo I)arere, si mostrò contrario, adducendo molte ragioni ; fra le principali la gravità dell'impegno e la meschi- nità del compenso. In genere Monaldo, pur lasciando in apparenza al figliuolo libertà di prendere quella determinazione che gli sembrasse migliore, così in questo come in tutti gli altri progetti mise sempre innanzi quante più difficoltà gli suggeriva il suo de- siderio di trattenere Giacomo a Recanati. Di che Carlo avvertiva il fratello, perchè non si lasciasse di- stogliere dal fare l'utile e il piacer suo.' Ma il pro- getto del De Romanis, quale se ne fosse la ragione, cadde da sé. Di un altro progetto, quello di farsi portar via da qualche forestiere, o inglese, o tedesco, o russo, Gia- como scrisse il 22 gennaio al fratello Carlo, e il 1° feb- braio al Giordani; ma poi pensatoci meglio, e venu- tagli la speranza di ottenere un impiego nello Stato per la intercessione del Ministro di Prussia, che si interessava vivamente per lui, lo abbandonò.
- Vedi Lettere scritte a Giacomo Leopardi dai suoi parenti,
pag. 64.