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GIACOMO LEOPARDI A EOMA. 215 eli' egli desiderava vivamente di conoscere. Se ne dolse vivamente col Giordani, al quale scrisse : < E la morte ha i^reso anche piacere d'uccidermi, quasi sul punto della mia mossa, alcune altre persone eh' erano qui, e che rivedendomi fuor d'ogni speranza loro e mia, si sarebbero rallegrate assai per l'atfetto che mi portavano, ed io mi sarei confortato di vederle e di star con loro. >' Una di queste persone, e la più cara, era la zia Ferdinanda, che andata nell'estate di quell'anno 1822 ai bagni di Nocera, per cercarvi ristoro alla salute, vi trovava la morte. Giacomo si strinse di più forte amicizia col tiglio di lei, il cu- gino Giuseppe Melchiorri, ch'era uno studioso e un erudito.

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11 Melchiorri presentò Giacomo ai suoi conoscenti; che si interessavano più o meno di letteratura ; fra gli altri al libraio De Romanis editore delle Effemeridi let- terarie, nel cui negozio convenivano parecchi letterati romani, e al cav. Marini direttore del Catasto, per- sona cólta e compita, e possessore di una ricca biblio- teca, che mise a disposizione dei due cugini. Le altre persone che Giacomo conobbe e frequentò in Roma, oltre queste due, oltre il Mai, il Cancellieri, il Vi- sconti e l'abate G. Batt. Canova, non furono molte; e furono sopra tutto stranieri. Tra questi c'erano uomini veramente illustri e di molto valore. Basta accennare il Niebhur, allora Ministro plenipotenzia- rio di Prussia presso la Santa Sede, e il suo Segre- tario e successore, Carlo Bunsen. Il Niebhur, appena letto uno degli articoli pubblicati da Giacomo nelle Effemeridi^ gli fece dire varie cose obbligatiti da varie persone, e che desiderava di conoscerlo. Giacomo lo ♦ Epistolario, voi. I, pag. 404,