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186 CAPITOLO X. conservato scudo; vede Virginica, la gentile fanciulla romana che, offrendo al ferro del padre il bianchis- simo petto, gli grida: E se pur vita e lena Roma avrà dal mio sangue, e tu mi svena; e addita questi esempi alle spose italiane. L'episodio di Virginia col quale la canzone si chiude, episodio probabilmente ispirato, come notò lo Zumbini, dalla tragedia dell'Alfieri, è la parte più al- tamente poetica di tutto il componimento. Accanto all'eroismo femminile, che risveglia il sopito valore romano, brillano in quell'episodio la grazia e la bel- lezza della donna. Quella dolce fanciulla che, rinun- ziando ai suoi sogni d' amore, si sagrifica per un alto insegnamento al suo popolo è una delle più nobili crea- zioni della Musa leopardiana. La canzone al vincitore nel pallone comincia in- citando il giovane a forti imprese coll'esempio dei greci che ne' giuochi olimpici imparavano a mettere in fuga i nemici, a morire per la patria. Ma dal con- cetto de' giuochi che addestrano la gioventù all'agi- lità, alla forza, al coraggio, al desiderio d'illustri fatti, balza fuori quest'altro concetto: — Da che mondo è mondo le opere de' mortali sono forse altro che giuoco? e forse il vero ò men vano della menzogna? — Di qui il poeta precipita nella conclusione — buon giovane, se il cielo fatto cortese dalla memoria del passato, non impedisca l'estrema rovina della tua pa- tria, che fu già sì gloriosa, ti dolga sopravvivere a lei. La nostra vita non vale ad altro se non a sjìrc!- gìarla: cimenta dunque i tuoi giorni por la patria; ciò gioverà, se non altro, a non farti sentire, in mezzo ai pericoli, il lento e noioso trascorrere dello ore ; e quando sarai stato in procinto di perderò la vita, la vita ti parrà mono insipida. —