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DISPERAZIONE E RASSEGNAZIONE. 177 vacante la cattedra di letteratura latina nella Biblio- teca Vaticana, andò ella stessa dal Cardinale Con- salvi, Segretario di Stato, a chiederla per lui, rac- comandò caldamente la cosa al Mai, custode della Vaticana, e il 24 marzo 1821 ne scrisse a Giacomo, suggerendogli di rivolgersi anch'egli al Mai diretta- mente. Giacomo scrisse subito non solo al Mai, ma anche al Giordani, e al Perticari, la cui raccoman- dazione sperava potesse giovargli. Tutto inutile. Non passarono molti giorni, ed una lettera dell'abate Can- cellieri avvisò il Leopardi che il posto era stato dato ad un altro.' Così la povera Ferdinanda, a cui il suo affetto e le sue cure per il nipote avevan forse alienato l'animo del fratello e della cognata,* non potè aver la conso- lazione di veder sodisfatto il desiderio di lui. Gia- como, come vedremo, ottenne di andare a Roma sol- tanto nel novembre del 1822, quando essa era morta. « * Dopo la canzone al Mai, scritta, come sappiamo, nei primi del 1820, il Leopardi stette più di un anno senza tornare alla poesia. < La poesia, scriveva al Giordani il 20 novembre 1820, l'ho quasi dimenticata, perch' io vedo, ma non sento più nulla. > Non però che non lavorasse; anzi i due anni 1820 e 1821, il secondo in particolare, furono dei più operosi della sua vita. Con la stessa lettera del 20 novembre scri- veva all'amico: < Vengo leggendo e scrivacchiando stentatamente, e gli studi miei non cadono oramai sulle parole, ma sulle cose. > Sulla fine di quell'anno e nell'anno seguente stette discretamente bene della ' Vedi Epistolario, voi. I, pag. 330. Vedi Lettere scritte a Giacomo Leopardi dai suoi parenti, pag. 30. r f 1 Chiabimi, Leop, 12