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DISPERAZIONE E RASSEGNAZIONE. 175 Cotesta buona e brava donna, sorella di Monaldo, ma di natura molto diversa da lui, e diversissima dalla cognata, era andata sposa nel 1795 al mar- chese Pietro Melchiorri di Roma. Affezionatissima alla madre, al fratello e alla famiglia di lui, aveva mantenuto con essi affettuosa relazione. Delicata, anzi debole, di salute, poco felice nel matrimonio, dotata di una sensibilità eccessiva, incline alla malinconia, aveva molti punti di somiglianza con Giacomo; di- versa in questo da lui, che trovava un conforto alle sue afflizioni nella religione. Era andata nella seconda metà del 1819, l'anno tristissimo di Giacomo, a Re- canati nella casa paterna a rivedere la vecchia ma- dre ammalata, che l'anno appresso morì. La tristezza cupa e disperata del nipote dovè farle grande impressione: vide qual barriera di ghiaccio separava il figlio dai genitori ; conobbe la bontà, la grandezza e l' infelicità del giovane ; e si sentì attratta verso di lui dal desiderio di consolarlo e di aiutarlo. Non so se lino d'allora ella facesse qualche tentativo per rompere, almeno temporaneamente, la schiavitù domestica di Giacomo. Ella capì subito quello che non avevano capito e non volevano capire i genitori, che cioè era questione vitale fare uscire l' infelice giovane da Recanati ; e se non ne parlò subito al fratello, glie ne scrisse più tardi, tornata a Roma. Dice la contessa Teia ch'ella, spinta dalla sua tenerezza, oltrepassò forse i limiti di ima prudente intromissione fra lui e i ge- nitori, e parla delle scaramuccie intime provocate da tale intromissione.' Nelle lettere di lei a Giacomo, che vanno dal 27 novembre 1819 al 29 maggio 1822 (e sono i soli documenti che abbiamo delle relazioni della zia col nipote e la famiglia di lui) non e' è indizio di quella intromissione eccessiva. ' Vedi Contessa Tkia Leopardi, Note bioffrafìehe citate, pa- gina 60.