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DISPERAZIONE E RASSEGNAZIONE. 173 il nome del Brighenti in quella nota ci stava a do- vere, io inclinerei a credere ch'egli non si riducesse a tale avvilimento se non negli ultimi anni di sua vita, quando, perduta oramai ogni speranza di migliorare le sue condizioni, si ritrasse a nascondere la sua mi- seria in Forlì. Nella nota accanto al nome di ciascun corrispondente è scritto il luogo di sua residenza, che per il Brighenti è appunto Forlì. « Del sequestro della canzone il Leopardi non si af- flisse troppo, se non quanto gli dispiacque forse ch'ella non giungesse nelle mani del Trissino, col quale egli era allora in corrispondenza epistolare molto frequente ed amichevole. Ma le condizioni d'animo del poeta erano molto tristi, sì per la cattiva salute, sì per le altre cose che abhiamo dette. Le lettere dell'anno 1820 sono piene di orribili tristezze. Eccone un saggio. (Al Brighenti, 21 aprile): < È tempo di morire. È tempo di cedere alla fortuna; la più orrenda cosa che possa fare il giovane, ordinariamente pieno di belle speranze, ma il solo piacere che rimanga a chi dopo lunghi sforzi tìnalmente s'accorga d'esser nato colla sacra e indelebile maledizione del destino. > (Al Giordani, 24 aprile) : < Dov'è l'uomo più dispe- rato di me? Che piacere ho goduto in questo mondo? Che speranza mi rimane ? Che cosa è la virtù ? Non capisco più niente. > (Al medesimo, 9 giugno) : < Ora- mai credo che tutto sia falso in questo mondo, an- che la virtù, anche la facoltà sensitiva, anche l'amore. > (Al Brighenti, 14 agosto) : < La freddezza e l' egoi- smo d'oggidì, l'ambizione, l'interesse, la pertìdia, l'in- sensibilità delle donne, che io definisco un animale sema cuore, sono cose che mi spaventano. > (Al me- desimo, 28 agosto) : < La scelleraggine delle donne mi