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168 • CAPITOLO IX. sare Cantù ed Antonio Giissalli la giudicarono a di- rittura calunniosa. Dopo ciò passarono quasi quaranta anni, durante i quali di quella accusa non si parlò più: parve come dimenticata. La rinfrescò nel 1888 Giuseppe Piergili, facendo intorno ad essa nuove indagini, le quali lo indussero nella opinione che il Brighenti avesse realmente eser- citato il tristo mestiere fino dal tempo nel quale era in relazione col Giordani e col Leopardi. L'argomento più forte recato innanzi dal Piergili è questo. Negli anni che precederono di poco la rivoluzione del 1831 un tale Luigi Morandini mandava all'alta polizia di Milano relazioni segrete intorno ai liberali di Romagna e dei paesi vicini; e proprio nel 1828 ne mandava da Firenze intorno al liberalismo del Vieus- seux e degli uomini che frequentavano il suo ga- binetto, fra i quali sono nominati il Leopardi e il Giordani. Il sedicente Morandini, osserva il Piergili, appare dalle sue stesse relazioni uomo di qualche cultura; e il Brighenti, che sotto il governo napoleonico era stato negli uflici di polizia, da una lettera a Monaldo Leo- pardi e dalle sue lettere all'Albertazzi, pubblicate a Forlì in occasione di nozze, appare uomo di sentimenti tutt'altro che liberali, e disposto, anzi appassionato, per gli uffici polizieschi. Dunque, prosegue il Piergili, poiché nel 1828, quando furono inviate alla polizia di Milano lo relazioni del Morandini sul gabinetto Vieus- Heux, il Brighenti era a Firenze, e andava dal Vieus- seux, non v naturalo supporre che il sedicente Mo- randini fosse lui? ÌjO, supposizione può essere ragionevole; ma a soste- gno di essa manca la prova più convincente, che cioò le relazioni del sedicente Morandini siano di mano del lirighonti. Aggiungfasi che gli argomenti addotti d;il Piergili tt provaro la disposiziono del Brighenti a^,Mi uffici polizieschi non hanno gran valore; perchè il