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162 CAPITOLO Vili. GIEOKE. cara, al pianto Siam prodotti ambedue. Non ci vedremo Forse mai piìi: ben certa cosa è questa Che '1 dolor nostro non avrà mai fine, E che non troverem di questa sorta Un'altra occasion. Parca che '1 fato N'avesse qui congiunti a bella posta. Seguono pochi altri versi, che lasciano capire come i due amanti stanno per cedere alla tentazione del peccato, e con essi finisce la parte prima. Della seconda il poeta non compose che il prin- cipio, poco più di una quarantina di versi. Due cacciatori, sul far del giorno, prima che spunti il sole, attendono alla caccia dei lupi. Girone, che dor- miva dietro alle piante, si desta al rumore ch'essi fanno, e dice: io deggio Aver dormito. Oh tristo me che feci? Che feci? ed esce, e si rimprovera acerbamente e si dispera per il peccato commesso. Qui termina la parte verseggiata del dramma. Nel manoscritto seguono ad essa cinque foglietti di ap- punti, parte in versi parte in prosa, ma scritti tutti di seguito come prosa; senza nessun ordine, senza nessun legame fra loro, senza nessun accenno allo svol- gimento del dramma. (ìli appunti si riferiscono così alla parte di questo giù, fatta, corno a quella che re- stava da faro. Se da essi non ò dato ricnvaro (|ii!ilo doveva essere nella mente del poeta il resto (1( 1I;l azione in tutti i suoi particolari, si può da (luaiclio appunto indovinarne qualche cosa e indovinare l.i chiusa. Par*' •lic. iiiciili-c rli ;un:uill si (lc-l,i\ ,11111 ;iir;il1»;i nella f(ti> l.i •- ili-'|tiit;u:ui<) ir:i loro (ire:! il Iuiu.ik; no a Maloalto, Danaino fosso uscito, sia per corcarli,