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GLI IDILLI, LA CANZONE AL MAI EC. 153 Vano è saper quel che natura asconde Agl'inesperti della vita, e molto All'immatura sapienza il cieco Dolor prevale. Giovane son, ma si consuma e perde La giovanezza mia come vecchiezza; La qual pavento; e pur m'è lunge assai. E tu pur volgi Dai miseri lo sguardo; e tu, sdegnando Le sciagure e gli aifanni, a la reiua Felicità servi, o Natura. In cielo, In terra amico agl'infelici alcuno E rifugio non resta altro che il ferro. Questo ciel che sì benigno Appare in vista a salutar m'affaccio, E l'antica Natura onnipossente, Che mi fece all'afìanuo. A te la speme Nego, mi disse, anche la speme; e d'altro Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto. Qui per terra Mi getto, e grido e fremo. Oh giorni orrendi In così verde etade ! È materia da idilli questa ? No : ma essi segnano, dopo le due canzoni patriotiche, un momento nuovo nella poesia del Leopardi, il principio di un nuovo genere di poesia, che avrà più largo svolgimento in appresso, e che sarà il più originale e caratteristico, anzi il solo veramente originale e caratteristico. < Alcuni degli idilli, scrisse il Montani nella An- tologia del 1827 (novembre-dicembre), a me non pare che in tutta la poesia italiana abbiano paragone. — E chi sa dire se l'abbiano veramente nella poesia d'altre nazioni? Talvolta, leggendo gì' idilli, imaginai, per così esprimermi, d' udire la voce di un fratello di Werther. Poi un pensiero, una frase, una semplice