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150 CAPITOLO Vili. per allora non lo compose. Lo compose più tardi e lo pubblicò la prima volta nella edizione napoletana delle poesie del 1835, mettendolo innanzi al gruppo degli idilli che conservò uniti, benché avesse eliminato il titolo di idilli da quella e dalle precedenti raccolte delle sue poesie, a cominciare dalla fiorentina del 1831. Badando più alla sostanza che alla forma, egli diede allora a tutte le sue poesie l'unica denominazione di Canti. Veramente il nome di idilli conviene fino ad un certo punto ai sei componimenti poetici, che ho nomi- nati, cioè conviene ad uno solo, allo Spavento notturno, un breve dialogo fra Alceta e Melisso, al quale il primo racconta di aver veduto in sogno cadere la luna sul prato. Questo, benché nella stampa occupi il quinto luogo, si crede comunemente che fosse composto dei primi : al Carducci par greco ; e si stacca interamente per la forma e pel contenuto dagli altri cinque. Giacomo, per sua confessione, non cominciò a sen- tirsi poeta, se non dopo aver letto parecchi poeti greci. Tradusse gl'idilli di Mosco, imitò dal greco l'Inno a Nettuno e le due anacreontiche; e i primi idilli che pensò ed abbozzò nel 1819 (dei quali la- sciò solamente le tracce) sono tutti, se non di forma greca, veri e propri idilli, cioè quadretti della vita campagnola, puramente oggettivi, e perciò meno lon- tani dall'idillio come lo concepirono gli antichi. Ma quando in quello stesso anno seguitò a comporre nuovi idilli, egli per effetto di quella mutazione dell'essere suo, per la quale aveva cominciato a sentire la sua infelicità in un modo più tenebroso, si era già trac- ciata una nuova via da seguire nella composizione di quel genere di poesie. La nuova via è indicata da questa nota che si leggo fra lo sue carte : < Idilli espri- menti situazioni, affezioni, avventure storiche del mio animo. >' Perciò nei cinque idilli composti secondo ' N«Uo o*rt« nnpolotnne ora in oorcio di stampa.